venerdì 3 dicembre 2010

BIOGRAFIA DI UN GRUPPO

Mantenere viva la memoria è sempre un fatto importante.

Ricordare fatti, persone, situazioni delle nostre comunità è utile perché non vengano accantonate e annebbiate le opere e le conquiste anche del recente passato, che tendiamo sovente a rimuovere, perché sempre più spinti a rincorrere e guardare alle cose nuove.

Pertanto diventa stimolante essere richiamati a ripensare ad un periodo che ci siamo lasciati alle spalle, quello che va, grosso modo, dal dopoguerra al nuovo secolo. Un ricordo che ora ci è proposto da un libro:

Un colpo d’Ala – doppia cittadinanza, fatiche di una generazione di Carlo Baviera, (Edizioni San Valerio – Occimiano)

che verrà presentato giovedì 16 dicembre alle ore 21,00 presso l’Auditorium S. Chiara – Via Facino Cane, 31 a Casale Monf.

Nel libro viene presentata documentazione di avvenimenti che hanno fatto la storia politico-amministrativa locale, partendo dalla narrazione della vita e delle scelte di un gruppo di giovani della Parrocchia dell’Addolorata degli anni sessanta.

Quella di Baviera è una specie di autobiografia, che diventa “biografia” di un gruppo il quale, partendo dalla formazione e dall’impegno ecclesiale si dedicherà all’attività civile e politica, incrociando altri amici. Con questi compirà un percorso per lo sviluppo e la crescita civile e istituzionale della Città e del Monferrato: si ricordano le realizzazioni amministrative, le crisi di giunta, l’esperienza iniziale della partecipazione di quartiere, l’attività di partito, le speranze per il rinnovamento politico e quello per una Chiesa “conciliare”. Si dà conto di un progetto che si è trasformato in attuazione concreta e ha fatto crescere la comunità civile, nella collaborazione e nel confronto con altri gruppi e culture politiche.

La narrazione si snoda tra le vicende della comunità di fede (parrocchiale o diocesana) e quella politico istituzionale, che si intrecciano senza confondersi, rispettando le necessarie distinzioni.

Viene rappresentato un modo di vivere la “doppia cittadinanza” (date a Cesare e date a Dio) come è stato in grado di farlo un gruppo concreto, formatosi nel Borgo Ala: realizzare la vocazione del laico credente inserito e operante nella vita della Chiesa locale, attento all’evangelizzazione senza venir meno all’impegno pubblico.

Anche oggi, nell’epoca del maggioritario e di fronte alle sfide sociali, economiche, istituzionali ed etiche del nuovo secolo, gli amici dell’Ala e quelli del “cattolicesimo democratico” dimostrano la voglia di ripartire e la speranza che i riferimenti valoriali, laicamente interpretati, siano ancora sale e lievito per il bene comune di questa terra.

Il libro è stampato grazie al contributo della Fondazione CRT.

sabato 10 aprile 2010

APPELLO

Accogliamo l'invito a sostenere l'appello che riportiamo di seguito.

Oggetto: gravi problematiche legate alla procedura di emersione ex L. 102/09 - appello nazionale

Cari tutti, come è noto dopo una iniziale parentesi caratterizzata da confusione e da procedure difformi nelle varie città, gli sportelli unici per l'immigrazione presso le Prefetture hanno iniziato ad avviare delle procedure di rigetto delle domande di emersione di lavoratori stranieri (con immediata esecuzione degli allontanamenti degli stranieri con accompagnamento coattivo alla frontiera da parte dei relativi Questori) in ragione del "parere negativo" espresso dalla PS per presunta sussistenza di un motivo ostativo alla regolarizzazione; di che si tratta? E noto che l'art. 1 ter L. 102/09, al comma 13, lett. c) prescrive che non possano essere ammessi alla procedura di emersione prevista dalla stessa legge gli stranieri che "risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 del medesimo codice". Ebbene, secondo l'interpretazione della norma data da una circolare della direzione centrale di PS a firma del capo della polizia, Manganelli, rientrerebbe nell'ambito dell'art. 381 c.p.p. la prima figura di reato prevista dall'art. 14 comma 5 ter che punisce con la reclusione da uno a quattro anni, lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dall'ordine impartito dal Questore di allontanarsi dal territorio nazionale entro cinque giorni.

In molti riteniamo l'interpretazione proposta errata nonchè in contrasto con la ratio stessa della L. 102/09. Infatti la sanzione prevista per l'inottemperenza all'ordine di allontanamento del Questore si di cui all'art. 14, comma 5 ter e quinquies del D. Lg. 286/98 si pone in rapporto di specialità rispetto alle disposizioni di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p. e non è in alcun modo riconducibile alle cause ostative indicate nella stessa L. 10209


Al di la degli aspetti più strettamente tecnico-giuridici, non può sfuggire che ci troviamo di fronte ad una interpretazione strumentale ed ingannevole nella quale lo stravolgimento dei principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza della norma pare evidente.

Come non vedere che non ha alcun senso distinguere tra coloro che erano stato espulsi (sulla carta) una sola volta da coloro che lo sono stati (sempre sulla carta) più volte. Come non vedere che questa differenza tra situazioni identiche è del tutto casuale ed è legata alla maggiore visibilità di alcuni rispetto ad altri a causa del colore della pelle o alla povertà? Come possiamo non notare che tutta questa vicenda ha il sapore di una beffa nei confronti di chi- lavoratori e datori di lavoro- ha creduto nella legalità, aderendo alla regolarizzazione? Come possiamo tacere, infine, se il messaggio che emerge è che fidarsi delle autorità è sciocco, che conviene sempre rimanere invisibili, far lavorare in nero, non pagare le tasse, in nome della convinzione tutta italiana che sia l'illegalità a premiare?

Mi auguro che a nessuno sfugga che le conseguenze di questa vicenda sono drammatiche poichè certamente migliaia di lavoratori stranieri che sono appunto emersi, verranno rigettati nella clandestinità; anzi, verranno subito realmente espulsi (contribuendo così ad alzare, fittizziamente, il misero numero di espulsioni che vengono oggi eseguite) giacchè hanno avuto la sventura di "autoconsegnarsi". Non meno gravi sono le conseguenze sul piano politico ed etico; la spinta verso la criminalizzazione dei cittadini stranieri, in ragione della loro mera esistenza, riceverà un nuovo impulso, mettendo una autentica pietra tombale su ogni futuro provvedimento di regolarizzazione, qualsivoglia sia il suo contenuto, ancorchè positivo (chi sarà così sciocco da aderire in futuro ad una sanatoria, dopo avere toccato con mano le conseguenze di questa regolarizzazione-truffa?)

Sul piano legale in molti TAR si stanno incardinando dei ricorsi avverso i decreti di rigetto delle domande che da pochi giorni hanno iniziato a prodursi.

Sul piano politico-culturale segnalo che è partito un appello nazionale dal titolo "Per una scelta di equità e giustizia" firmato da numerosi intellettuali, scienziati, artisti, giuristi etc.

L'appello è stato presentato per la prima volta a Trieste appena prima di Pasqua (in quanto in quella città si è manifestata per prima una attenzione a questo tema), ma l'appello ha una dimensione ed una diffusione nazionale. Si stanno raccogliendo le firme tramite la piattaforma http://www.firmiamo.it/sanatoriatruffa2009/ Sulla piattaforma è possibile ascoltare un intervento interessantissimo di Moni Ovadia sul tema.

L'appello ha dei primi firmatari (colgo l'occasione per ringraziare Soldini che so avere aderito) ma non ha certo dei padri gelosi; al contrario, la richiesta che faccio, anche a nome dell'ASGI, e a fare proprio l'appello, caricandolo sui propri siti e diffondendolo da parte delle varie organizzazioni, sindacati enti etc raccogliendo sia firme di comuni cittadini (il meccanismo automatico informatizzato in questo senso è ottimale), sia raccogliendo adesioni di maggiore visibilità in modo che, nell'arco di un paio di settimane, passata la prima presentazione triestina possa prodursi una grossa iniziativa nazionale, stabilendo insieme le modalità più opportune

Un caro saluto

Gianfranco Schiavone (Assoc. Studi Giuridici Immigrazione)

sabato 20 marzo 2010

SOLIDARIETA' e CULTURA


La Consigliera Comunale Maria Merlo dei Democratici per Casale pone il problema di una città solidale (attenta al welfare, alla qualità dell'ambiente, al lavoro e allo sviluppo economico) tema che non può essere disgiunto dalla cultura. Anche questa non va penalizzata, e tenuta presente. Non far morire il Teatro (o il Museo) e rianimare il Castello concludendo il progetto di trasferimento della Biblioteca, sono gli elementi centrali necessari oggi.






































mercoledì 25 novembre 2009

STURZO SEMPRE LIBERO E FORTE


Il 24 novembre 2009, a Casale Monferrato si è celbrato un momento non solo di spettacolo teatrale, ma anche un evento culturale che ridà respiro e speranza a chi vede nell'impegno politico e sociale un servizio al bene comune.

Con un testo, elaborato da Alfredo Rivoire a cui vanno i complimenti per un lavoro di ricerca e di trasposizione teatrale e per regia e interpretazione alla quale ha partecipato un altro casalasco, Giorgio Milani, è stato riproposto il pensiero e la vita di Luigi Sturzo nel cinquantesimo della morte. Il sacerdote, lo studioso, il sociologo, l'organizzatore sociale e il politico sono, per una serata, sembrati ritornare in mezzo a noi. La stessa attualità di tante idee e preoccupazioni hanno dato colore e calore alla serata.

L'Associazione Paolo Ferraris, che agli ideali di Sturzo fa abbondante riferimento, insieme agli Uffici Diocesani per la Pastorale Culturale e Sociale, al Meic, all'Ucid, e all'Associazione Comuni del Monferrato è stata l'organizzatrice dell'evento per tutto il Monferrato e la Diocesi.

Ora tutto questo "seme" lanciato dal palco, e prima ancora con una serata di approfondimento sul Libero e Forte per eccellenza, non deve essere lasciato cadere.

Serve una iniziativa per ridare fiato a quanti hanno passione civile e credono in un'Italia che torni a viaggiare nella piena libertà di una democrazia partecipativa, senza provvedimenti ad personam, e in un'Europa che sappia proporsi come guida di collaborazione pacifica e comunità di popoli, non strumento dei governi per politiche di bassi profilo.

CONTRO LA VIOLENZA, SEMPRE!



La data del 25 novembre è una ricorrenza triste: in quel giorno dell’anno 1960 sono state massacrate le tre sorelle Mirabal, colpevoli solo di essere dissidenti verso il regime dell’allora dittatore della Repubblica Domenicana Trujillo. È nel tragico nome di questa violenza sulle donne, purtroppo solo uno dei troppi episodi che si potrebbero citare, che 10 anni fa l’Onu ha scelto di fare di questa giornata di novembre un simbolo, celebrando in quel giorno di ogni anno la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Un fenomeno che, anche se spesso non denunciato, non conosce tregua. Senza distinguo di tempi o confini, senza differenze tra paesi industrializzati o in via di sviluppo, senza spartiacque di barriere socio-culturali.

C'è anche chi invita a mobilitarsi, in questa giornata, per l'istituzione di una commissione internazionale d'inchiesta sulla morte di Anna Politkovskaya: ci uniamo all'appello di Reporter senza frontiere.

mercoledì 4 novembre 2009

SCANDALO E STOLTEZZA...ANCORA DISCRIMINATO

Una sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo riapre la vicenda del Crocifisso nei luoghi pubblici: non ci deve restre, perchè va contro la la libertà religiosa. E' una guerra (già il termina la dice lunga!) che opposti estremismi e intolleranze che non vuole terminare.

Condivido le considerazioni dell'amico don Walter Fiocchi che sul suo sito scrive: "Mi pare che quella del crocifisso sia una di quelle questioni inventate di proposito per far male e provocare lacerazioni profonde in seno alle chiese cristiane e nella società italiana. Lo scopo è quello di strumentalizzare sentimenti e simboli che sono molto lontani da ciò che i partiti sostenitori della campagna sul crocifisso praticano quotidianamente nelle loro azioni di governo. Che dire del fatto che sia la Lega a chiedere di segnalare (denunciare?) i nomi di tutti coloro che dovrebbero provvedere ad esporre il crocifisso (presidi, sindaci, personale sanitario, giudici…)? Proprio chi è propugnatore di leggi in radice anticristiane, come la legge sull’immigrazione (sì, la Bossi-Fini); proprio coloro che, rappresentando il potere pubblico, anziché cercare il bene comune e in speciale modo quello dei deboli e degli ultimi preferiscono tutelare e proteggere gli interessi dei forti e potenti. Qualcuno - non ricordo chi - ha scritto recentemente: “Il crocifisso appartiene ai nuovi crocifissi. É loro, perché lui ha scelto di stare con loro. É nascosto tra le donne di Kabul; o tra i bambini schiavi del sesso in tante parti dove si celebra il turismo sessuale per gli annoiati dei paesi opulenti; o nei campi profughi abitati da chi ha dovuto abbandonare tutto per cercare di salvarsi almeno la vita. É in Armenia, in Kurdistan, in Iraq a subire l'embargo. É sulle carrette piene di disperati che solcano il mediterraneo per cercare in Europa un po' di speranza. É morto, in fondo al mare, con quelli che il mare si è portato via nella loro ricerca di un luogo dove poter vivere dignitosamente”. Mettiamo pure dovunque il Crocifisso, a condizione che chi lo espone voglia, con quel gesto, accettare di incontrarlo e di onorarlo nella persona dei tanti che ogni giorno sono costretti a salire sullo stesso Golgota. Non sentirò più il fastidio di questi dibattiti, quando vedrò anche molti dei nostri bravi cattolici praticanti non più assenti, non più indifferenti, quando non addirittura d'accordo con frasi, con scelte, con leggi, con comportamenti che riducono il crocifisso a un oggetto. Quando la preoccupazione dominante è quella della tutela del proprio benessere, ponendo le cose prima delle persone, rubiamo il Crocifisso ai crocifissi, rischiamo di trasformare in idolo anche quello che si trova in chiesa. Come richiama il Vescovo nell’ultima lettera pastorale, “quello che siamo grida più forte di quello che diciamo”: diamo onore al Crocifisso con scelte che davvero dimostrino che abbiamo imparato la sua Lezione, non con l’appello a leggi e circolari."

Non si può non ricordare che nei luoghi pubblici è diventato obbligatorio durante il fascismo per tenere buoni i credenti e per farsi bello e accettabile nonostante il suo sostenziale ateismo di ideali; nel contempo la croce appartiene alla tradizione di un popolo che lo ha esposto anche nelle proprie case o in luoghi come angoli di strada o sentieri di campagna, e nei secoli recenti non lo ha mai usato contro altre fedi. Perciò è stato unanime e opportuno il giudizio che è venuto da entrambe i poli politici e che può essere sintetizzato dalla dichiarazione di Rosy Bindi: «La libertà religiosa è uno dei fondamenti della cittadinanza. Il nostro problema non è togliere il crocifisso dalle scuole, non sarebbe rispettoso della nostra storia e della nostra cultura». E prosegue: «Lo ricordò anche Natalia Ginzburg, che in un articolo sull'Unità del 1988 scrisse “il crocifisso rappresenta tutti perché prima di Cristo nessuno aveva detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli e la croce è anche il nome che tutti usano per indicare la sofferenza e il dolore umani. Bisogna piuttosto dare spazio anche alle altre sensibilità religiose e non temere mai chi prega».

Del resto sappiamo che la croce è scandalo per i benpensanti e tradizionalisti e follia/stoltezza per i pagani anche di oggi, per chi intende la laicità come ideologia laicista. Questi non possono capire la croce e la combattono, sperando di liberarsene: non se ne libereranno solo se chi crede ne metterà in atto gli insegnamenti, senza rivendicare posizioni di privilegio o leggi di tutela.

Carlo

sabato 5 settembre 2009

ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA

La vicenda Feltri - Avvenire relativa al killeraggio compiuto ai danni del direttore del quotidiano cattolico dimostra, se ce ne fosse stato bisogno (ora tutti apriranno gli occhi?) che in Italia restano la concrete questioni del conflitto di interessi e, come conseguenza, della libertà di stampa. Chi si permette di fare critiche (seppur velate e prudenti) è avvisato: sarà messo al pubblico ludibrio. Viene ripresa una pratica di altri regimi: colpirne uno per educarne cento. E in più si cerca di spiegare che, in fondo, siamo tutti uguali (tutti abbiamo debolezze, colpe da nascondere) perciò nessuno può farsi moralista dei comportamenti altrui (soprattutto se Altrui è "Papi"), e poichè siamo tutti colpevoli nessuno è colpevole.
Riportiamo l'articolo di Europa che riporta la presa di posizione lucida del Presidente Scalfaro sulla questione
«Reagire subito a chi calpesta la libertà»
Il presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro, «difensore della Costituzione» come lo presenta al popolo della Festa il vicedirettore di Europa Chiara Geloni, non ha riserve nel commentare l’attuale situazione politica italiana: «Il maggior delitto che un politico possa commettere è calpestare o ridurre la libertà del suo popolo. A queste cose bisogna reagire subito». È vero che «nella storia tutti gli uomini che hanno abusato del loro potere si sono seppelliti da soli», ma è vero anche che prima hanno indotto enormi sofferenze. Scalfaro cita Mussolini, Stalin, Hitler per sottolineare che non ci si può affidare alla speranza che i prepotenti prima o poi manifestino un senso morale, ma spetta all’opinione pubblica intervenire per fermarli. L’ex capo dello stato, alla soglia dei 91 anni, parte proprio dall’abuso del potere per dimostrare che la cultura del centrodestra italiano non ha alcuna affinità con quella della Chiesa cattolica. Cita la parabola biblica delle tentazioni e conclude: «Il potere fine a se stesso è diabolico». E rivolgendosi ai parlamentari cattolici, li invita a fare sintesi tra i valori della Costituzione e quelli evangelici, una sintesi possibile solo «se una persona è libera».

domenica 30 agosto 2009

da NORD a SUD per una vacanza diversa

di Stefano Musso


Ci sono le vacanze.
E c'è la notizia al Tg di un locale di Milano sequestrato alla mafia. E c'è il libro di Saviano che racconta dei narcotraffici e dei ghetti e delle sparatorie. E mi sembra che tutto ciò non possa esistere: troppo nera e troppo incomparabile quella realtà con la mia, così quotidiana e banale.

Per svagarsi e staccare dalla routine i villaggi vacanze sembrano il posto ideale, con piscine, locali, musica commerciale; ma non sanno di artificiale? Londra, Sharm El Sheik, Parigi, Monaco, Capo Verde e … ah sì, Formentera: l'elenco delle precedenti vacanze comprende località di mezza Europa e pure qualcosa oltre; ma non manca qualcosa? Nella mia “mappa mentale” c'è una sorta di strappo che corre sotto Roma, un vuoto su una zona poco interessante o pericolosa. Allora mi viene il pallino di cambiare programma:
“Manuele, quest'anno vado in Sud-Italia”.“Eh, ma sei matto?”.“Non sono mai stato, mi piacerebbe andare a vedere...”.“Sì, nella terra della monnezza!”.“Ma dai, non c'è più e...”.“Ed è... pericoloso!!! Che cavolo di vacanze!?”

Ma evadere dalla vita di tutti i giorni può voler dire anche scoprire qualcosa di nuovo e allora tento un'esperienza diversa: una vacanza a contatto con la gente del posto; senza trolley e beauty-case, voglio rispolverare lo zaino! Allora lascio perdere i cataloghi di viaggi e navigo su internet. Digito: vacanze intelligenti & territorio & volontariato… Compare il sito di Legambiente → campi estivi → scegli la regione →. Trovato!

L'aereo ha uno scalo di partenza ed uno di arrivo, io voglio vedere quello che ci sta in mezzo. Così, dopo aver fatto i preparativi, esco di casa e mi reco alla stazione di Vercelli. Prendo il treno per Milano e poi vado a Sud: i palazzi della metropoli lasciano il posto alle colline boscose di Bologna, poi alla vegetazione più bassa e ai cipressi di Firenze; infine, tra Roma e la Campania, il treno procede in un paesaggio più brullo e poco abitato. Qualche galleria. Sono a Napoli: qui, mentre il treno della Circumvesuviana mi porta a destinazione, vedo altri palazzi, tondini di ferro, traffico.
Poi arrivo al Golfo di Salerno. Piccole spiagge di sassi fanno da cerniera tra i monti, ricoperti di fichi d'india e arbusti mediterranei, e il mare blu, solcato dai traghetti che portano i visitatori alle isole di Ischia e Capri. Sulla costa, fino all'orizzonte, le cittadine di Amalfi, Maiori, Vietri, con le casette bianche e spigolose e con le cupole di maiolica delle chiese, si succedono come fantasiosi presepi. Viene difficile pensare che dietro al promontorio c'è Napoli e le immagini crude di “una delle più sventurate e feroci terre d'Europa”.

Nel fiordo tra Positano e Cava dei Marini, si trova il paese di Furore, dove si svolge il campo di Legambiente e dove ricevo alloggio presso un'antica cartiera completamente rinnovata. Antonio e Vladimiro sono i coordinatori e mi fanno compagnia dieci volontari: abbiamo il compito di perlustrare il litorale per avvistare e segnalare principi d'incendio e di sensibilizzare la popolazione (bagnanti e non) a rispettare l'ambiente costiero.



Alla voce ambiente: natura, raccolta differenziata, qualità della vita. Ho queste cose in mente mentre giro, con indosso la maglietta gialla di Legambiente, sui sentieri dei Monti Lattari sopra Amalfi. Più tardi, dopo un pomeriggio trascorso al mare, rientro nella camerata che condivido con i nuovi amici del campo e, mentre mi riposo, capisco che quella dell'ambiente è la chiave di lettura giusta per capire qualcosa in più su questa regione e su questo curioso Paese. Avevo letto su una guida turistica dell'Olanda una frase originale: “la bellezza di una civiltà non consiste tanto in ciò che la natura gratuitamente ha dato ad un Paese, ma in come l'uomo ha saputo modificarla”. Che l'Italia sia bella è quasi un luogo comune, ma che tracce vi ha lasciato la nostra “civiltà” negli ultimi tempi?

Alla voce Campania: rifiuti, disfattismo, criminalità. Difficile liberarsi dagli stereotipi che sono diffusi dalle stazioni televisive e che circolano nell'opinione comune. Queste semplificazioni mi spingono a notare ciò che al Sud è disorganizzato, inadeguato e brutto. Questi schemi mentali hanno colonizzato il mio immaginario e mi hanno fatto dimenticare le potenzialità di queste regioni. Mi hanno suggerito di visitare mezza Europa e mezza Italia, trascurando la bellezza del Sud. Ma ora voglio vederlo direttamente, questo posto!

Ebbene, il Sud esiste con le sue particolarità. Vedo le facce del Sud, con le loro espressioni e i loro colori; sento i dialetti del Sud e la musica locale così simile ad altri luoghi del Mediterraneo e così estranea alle mie abitudini; tocco la vegetazione del Sud, secca, colorata e diversa da quella della mia regione. Il Sud esiste anche con i suoi problemi: le costruzioni abusive, gli scarichi a mare, i prezzi truccati e i ritardi dei trasporti (caspita, quanto c'ho messo ad arrivare con l'autobus!?), affogati nel traffico.

Ma non esiste il Sud al singolare: fuori dagli stereotipi esso appare complesso e per nulla univoco. A pochi chilometri di distanza posso trovare golfi incantevoli e scheletri industriali sgangherati; posso vedere l'abbandono di certe vie di Napoli e i suoi monumenti, o Salerno, città ordinata ed efficiente. Nell'arco di poche ore posso scoprire tanto la simpatia e i progetti di giovani studenti quanto i fuochi appiccati dai criminali. Un insieme ricchissimo di gradazioni che richiede all'immaginazione uno sforzo e un interesse maggiore di qualche slogan sentito in televisione.
Sono passati già parecchi giorni da quando sono arrivato, e lo capisco non solo dalle riflessioni maturate e condivise, ma – più semplicemente – dalla mia pancia più rotonda (colpa della deliziosa e abbondante cucina locale!) e dall'abbronzatura fornita (all inclusive) dalle giornate passate sotto il sole della costiera.

Al momento di ripartire, torno a Napoli e, guardandomi attorno, lo vedo. Il cemento. La stazione sotterranea di Napoli è fatta di cemento annerito, che evoca immagini di sudore, di traffici sporchi e di criminalità. Ma anche a Milano, la tentacolare distesa di edifici che aggroviglia la città è essa pure di cemento, espressione di affarismo economico, interessi privati e forse miopi. E attorno a Vercelli? I capannoni industriali che vengono costruiti in mezzo ai campi non sono anch'essi di cemento? Ovunque l'ambiente resta dimenticato.

I vizi e le virtù di questo “bel Paese” sono allora in parte comuni? A ben vedere, oltre ad evidenti differenze e al divario tra i problemi del Nord e quelli del Sud, si scorgono alcune tendenze condivise da entrambi. Ricordo di aver sentito spesso, al Fiordo di Furore, l'espressione “terra del puoti” che, nel gergo locale, indica la terra dove puoi fare di tutto, purché paghi! Sembra ironico ma non lo è: vuoi una villetta sulla spiaggia? Basta che paghi! Vuoi scorrazzare in macchina per il centro storico? E' legittimo... basta che paghi! Vuoi ottenere posti, privilegi, rispetto? Basta che paghi, o che hai gli appoggi giusti... Questa generale assuefazione al potere, all'esibizione della cafoneria e all'ingordigia personale assimila in effetti molti comportamenti da Reggio Calabria fino a Varese e spiega perchè la natura in Italia rechi tanti sfregi. L'ambiente è indifeso se abito nella “terra del puoti”!

Ma la nebbia del Nord e il sole del Sud hanno anche qualcosa di prezioso in comune: la lingua. Ecco ciò che all'estero non avevo trovato: la possibilità di usare la lingua che mi viene naturale e che qui nello stivale capiscono tutti, anche se frammista di parole dialettali. Sì, Dante ha fatto un buon lavoro; tra le diversità e le diffidenze, noi possiamo capirci. Ed affrontare i grandi e piccoli problemi insieme. E' una bella scoperta. La terrò presente al ritorno dalle vacanze!






venerdì 3 luglio 2009

TORNANNO LE LEGGI RAZZIALI

Vergognosa legge sui clandastini. Siamo anche noi indignati come tanti italiani. Fortunatamente c'è ancora chi reagisce alle leggi ingiuste. Anche dal mondo cattolico ufficiale prese di posizione significative (Mons. Marchetto per tutti), e poi don Ciotti, e altri ancora. Noi volentieri pubblichiamo un COMUNICATO STAMPA del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Pacchetto sicurezza: Meic, è una legge fuori dalla storia Il movimento degli intellettuali cattolici si schiera contro le normeanti-immigrati approvate ieri dal Senato: non è sicurezza ma chiusura,consolidare le barriere apre a un futuro problematico ROMA, 3 LUGLIO 2009 - Il Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) esprime la sua contrarietà al provvedimento legislativo sulla sicurezza, approvato ieri in via definitiva, e affida la propria posizione a una nota ufficiale della Presidenza nazionale."Le nostre speranze che si trovassero opportune vie politiche per risolvere il problema dell’accoglienza degli immigrati sono andate deluse. Il nostro Parlamento non è riuscito che a varare una serie di norme di chiusura, riunite per giunta sotto il titolo di “Norme per la sicurezza”, facendo intendere che gli immigrati siano, insieme alla mafia, i primi responsabili dell’insicurezza dei cittadini. Al di là di considerazioni utilitaristiche – sono gli immigrati che svolgono lavori indispensabili e non di rado umili – ed umanitarie – le norme escludono dai benefici della vita civile molte persone – questa chiusura ci fa uscire dalla realtà della storia, sempre più improntata a scambi non solo di informazioni e di idee, ma anche di persone. La scelta di consolidare barriere, piuttosto che realizzare, e magari inventare, forme di integrazione nuove e più avanzate, apre a un futuro problematico".

giovedì 25 giugno 2009

CHI HA VOLUTO PERDERE?

Come in altre parti del Paese anche Casale Monferrato ha deciso di farsi amministrare dalla destra, coperta dalla maschera di un sindaco un po' più moderato.
Questo risultato è da attribuirsi a responsabilità diffuse, ma in particolare a chi con arroganza ha voluto imporre una candidatura senza tener conto di chi dava altri suggerimenti.
Ora, soprattutto i più "candidi" e ideologicamente schierati, addossano la colpa a chi non ha voluto subire imposizioni da dirigenti del PD locale e si è smarcato: colpevoli di non aver abbassato la schiena all'arroganza. Si sarebbe dovuto votare il candidato ritenuto sbagliato a prescindere; invece si è lasciata libertà di voto. E fra i due i casalesi hanno scelto. Noi ci siamo sottratti alla scelta: niente destra, ma neanche niente dell'attuale centro-sinistra, campo nel quale ci riconosciamo per valori e proposta politica riformatrice e moderna. Intanto il segretario cittadino del PD si è dimesso assumendosi le responsabilità della sconfitta: gesto dovuto e nobile, ma è solo e soprattutto lui che deve pagare la sconfitta o i suggeritori di un'operazione politica disastrosa. E nella sinistra chi ha giocato ha mettere fuori gioco gli ex popolari, non deve essere a sua volta emarginato se si vuole ricomporre un quadro che porti un centro-sinistra, risanato e senza logiche di potere, alla guida della città?
Pubblichiamo una riflessione importante che sintetizza la posizione dei Democratici per Casale, oggi terzo raggruppamento della città.


La Nota Politica di Historicus

CRISAFULLI: UNA SCONFITTA ANNUNCIATA

Una sconfitta annunciata, quella di Crisafulli nella corsa alla poltrona di sindaco di Casale. “Il risultato è netto e importante – riconosce nella sua prima dichiarazione rilasciata mentre si stava concludendo lo spoglio dei voti – siamo rimasti soli contro tutti”. Poi spiega: “D’altronde, quando il centrosinistra si divide, così come è stato voluto ostinatamente a Casale, il risultato è questo”. L’allusione è alla ‘divisione’ avvenuta nel Pd, che ha visto l’ala moderata presentarsi alle elezioni con una propria lista e un proprio candidato sindaco, Maria Merlo,che al primo turno ha raccolto il consenso del 7% dell’elettorato e per il secondo turno ha tenuto fermo l’impegno: “Patti chiari: né con Demezzi, né con Crisafulli”.
La divisione è maturata dopo un lungo dibattito nel gruppo dirigente del Pd e l’oggetto del contendere era proprio l’individuazione di un candidato che fosse in grado di raccogliere un largo consenso nell’elettorato di centro, dove appunto si colloca quel venti per cento che ha fatto la differenza tra Demezzi e Crisafulli.
“Senza la nostra lista – affermano gli esponenti dei Democratici per Casale – Demezzi avrebbe vinto al primo turno”. Non occorre infatti essere esperti di flussi elettorali per sapere che Maria Merlo ha raccolto molti dei suoi consensi nell’elettorato moderato, di centro, che non è disponibile a votare un candidato sindaco nettamente connotato di sinistra.
Da oltre vent’anni alle elezioni politiche a Casale vince il centrodestra. La vittoria del centrosinistra alle amministrative, da quando c’è l’elezione diretta del Sindaco, è stata ottenuta grazie all‘individuazione di un candidato che fosse gradito a tutta la coalizione ed in particolare a quella fascia di elettorato di centro, che da sempre fa da ago della bilancia.
“Comprendiamo l’amarezza di Crisafulli – affermano i Democratici per Casale – ma lo invitiamo a non gettare subdolamente sugli altri colpe che sono solamente sue e dei suoi sponsor elettorali. Sono loro che hanno voluto ostinatamente dividere il Pd per sostenere la sua candidatura. Un conto è raccogliere molti voti di preferenza nel proprio bacino elettorale, un altro è essere riconosciuti per il ruolo di Sindaco dalla maggioranza dei Casalesi”.
La candidatura di Crisafulli ha ottenuto esattamente l’effetto opposto a quello voluto dai suoi sostenitori; ha cioè compattato l’elettorato di centrodestra intorno al suo candidato portandolo ad una vittoria, che poteva essere evitata.