mercoledì 25 novembre 2009

STURZO SEMPRE LIBERO E FORTE


Il 24 novembre 2009, a Casale Monferrato si è celbrato un momento non solo di spettacolo teatrale, ma anche un evento culturale che ridà respiro e speranza a chi vede nell'impegno politico e sociale un servizio al bene comune.

Con un testo, elaborato da Alfredo Rivoire a cui vanno i complimenti per un lavoro di ricerca e di trasposizione teatrale e per regia e interpretazione alla quale ha partecipato un altro casalasco, Giorgio Milani, è stato riproposto il pensiero e la vita di Luigi Sturzo nel cinquantesimo della morte. Il sacerdote, lo studioso, il sociologo, l'organizzatore sociale e il politico sono, per una serata, sembrati ritornare in mezzo a noi. La stessa attualità di tante idee e preoccupazioni hanno dato colore e calore alla serata.

L'Associazione Paolo Ferraris, che agli ideali di Sturzo fa abbondante riferimento, insieme agli Uffici Diocesani per la Pastorale Culturale e Sociale, al Meic, all'Ucid, e all'Associazione Comuni del Monferrato è stata l'organizzatrice dell'evento per tutto il Monferrato e la Diocesi.

Ora tutto questo "seme" lanciato dal palco, e prima ancora con una serata di approfondimento sul Libero e Forte per eccellenza, non deve essere lasciato cadere.

Serve una iniziativa per ridare fiato a quanti hanno passione civile e credono in un'Italia che torni a viaggiare nella piena libertà di una democrazia partecipativa, senza provvedimenti ad personam, e in un'Europa che sappia proporsi come guida di collaborazione pacifica e comunità di popoli, non strumento dei governi per politiche di bassi profilo.

CONTRO LA VIOLENZA, SEMPRE!



La data del 25 novembre è una ricorrenza triste: in quel giorno dell’anno 1960 sono state massacrate le tre sorelle Mirabal, colpevoli solo di essere dissidenti verso il regime dell’allora dittatore della Repubblica Domenicana Trujillo. È nel tragico nome di questa violenza sulle donne, purtroppo solo uno dei troppi episodi che si potrebbero citare, che 10 anni fa l’Onu ha scelto di fare di questa giornata di novembre un simbolo, celebrando in quel giorno di ogni anno la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Un fenomeno che, anche se spesso non denunciato, non conosce tregua. Senza distinguo di tempi o confini, senza differenze tra paesi industrializzati o in via di sviluppo, senza spartiacque di barriere socio-culturali.

C'è anche chi invita a mobilitarsi, in questa giornata, per l'istituzione di una commissione internazionale d'inchiesta sulla morte di Anna Politkovskaya: ci uniamo all'appello di Reporter senza frontiere.

mercoledì 4 novembre 2009

SCANDALO E STOLTEZZA...ANCORA DISCRIMINATO

Una sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo riapre la vicenda del Crocifisso nei luoghi pubblici: non ci deve restre, perchè va contro la la libertà religiosa. E' una guerra (già il termina la dice lunga!) che opposti estremismi e intolleranze che non vuole terminare.

Condivido le considerazioni dell'amico don Walter Fiocchi che sul suo sito scrive: "Mi pare che quella del crocifisso sia una di quelle questioni inventate di proposito per far male e provocare lacerazioni profonde in seno alle chiese cristiane e nella società italiana. Lo scopo è quello di strumentalizzare sentimenti e simboli che sono molto lontani da ciò che i partiti sostenitori della campagna sul crocifisso praticano quotidianamente nelle loro azioni di governo. Che dire del fatto che sia la Lega a chiedere di segnalare (denunciare?) i nomi di tutti coloro che dovrebbero provvedere ad esporre il crocifisso (presidi, sindaci, personale sanitario, giudici…)? Proprio chi è propugnatore di leggi in radice anticristiane, come la legge sull’immigrazione (sì, la Bossi-Fini); proprio coloro che, rappresentando il potere pubblico, anziché cercare il bene comune e in speciale modo quello dei deboli e degli ultimi preferiscono tutelare e proteggere gli interessi dei forti e potenti. Qualcuno - non ricordo chi - ha scritto recentemente: “Il crocifisso appartiene ai nuovi crocifissi. É loro, perché lui ha scelto di stare con loro. É nascosto tra le donne di Kabul; o tra i bambini schiavi del sesso in tante parti dove si celebra il turismo sessuale per gli annoiati dei paesi opulenti; o nei campi profughi abitati da chi ha dovuto abbandonare tutto per cercare di salvarsi almeno la vita. É in Armenia, in Kurdistan, in Iraq a subire l'embargo. É sulle carrette piene di disperati che solcano il mediterraneo per cercare in Europa un po' di speranza. É morto, in fondo al mare, con quelli che il mare si è portato via nella loro ricerca di un luogo dove poter vivere dignitosamente”. Mettiamo pure dovunque il Crocifisso, a condizione che chi lo espone voglia, con quel gesto, accettare di incontrarlo e di onorarlo nella persona dei tanti che ogni giorno sono costretti a salire sullo stesso Golgota. Non sentirò più il fastidio di questi dibattiti, quando vedrò anche molti dei nostri bravi cattolici praticanti non più assenti, non più indifferenti, quando non addirittura d'accordo con frasi, con scelte, con leggi, con comportamenti che riducono il crocifisso a un oggetto. Quando la preoccupazione dominante è quella della tutela del proprio benessere, ponendo le cose prima delle persone, rubiamo il Crocifisso ai crocifissi, rischiamo di trasformare in idolo anche quello che si trova in chiesa. Come richiama il Vescovo nell’ultima lettera pastorale, “quello che siamo grida più forte di quello che diciamo”: diamo onore al Crocifisso con scelte che davvero dimostrino che abbiamo imparato la sua Lezione, non con l’appello a leggi e circolari."

Non si può non ricordare che nei luoghi pubblici è diventato obbligatorio durante il fascismo per tenere buoni i credenti e per farsi bello e accettabile nonostante il suo sostenziale ateismo di ideali; nel contempo la croce appartiene alla tradizione di un popolo che lo ha esposto anche nelle proprie case o in luoghi come angoli di strada o sentieri di campagna, e nei secoli recenti non lo ha mai usato contro altre fedi. Perciò è stato unanime e opportuno il giudizio che è venuto da entrambe i poli politici e che può essere sintetizzato dalla dichiarazione di Rosy Bindi: «La libertà religiosa è uno dei fondamenti della cittadinanza. Il nostro problema non è togliere il crocifisso dalle scuole, non sarebbe rispettoso della nostra storia e della nostra cultura». E prosegue: «Lo ricordò anche Natalia Ginzburg, che in un articolo sull'Unità del 1988 scrisse “il crocifisso rappresenta tutti perché prima di Cristo nessuno aveva detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli e la croce è anche il nome che tutti usano per indicare la sofferenza e il dolore umani. Bisogna piuttosto dare spazio anche alle altre sensibilità religiose e non temere mai chi prega».

Del resto sappiamo che la croce è scandalo per i benpensanti e tradizionalisti e follia/stoltezza per i pagani anche di oggi, per chi intende la laicità come ideologia laicista. Questi non possono capire la croce e la combattono, sperando di liberarsene: non se ne libereranno solo se chi crede ne metterà in atto gli insegnamenti, senza rivendicare posizioni di privilegio o leggi di tutela.

Carlo