giovedì 12 luglio 2007

DIECI DOMANDE A... Mons. GERMANO ZACCHEO

Mons. Germano ZaccheoLaicità, Stato, CEI, DICO: questi termini sono stati al centro del dibattito pubblico degli ultimi mesi. Le parole di opinionisti e politici hanno creato un clima surriscaldato nel rapporto tra laici e cattolici, alimentando uno scontro che si aggiunge all’altro grande tema dello “scontro di civiltà” tra Islam e Occidente.
Per ribadire l'importanza del dialogo,
ci pare opportuno mettere a confronto le opinioni di alcuni rappresentanti delle comunità religiose casalesi, nella speranza che questa possa essere uno stimolo ad una discussione fruttuosa: la prima intervista è con Mons. Germano Zaccheo, Vescovo della Diocesi di Casale Monferrato dal 3 giugno 1995.

Mons. Germano Zaccheo, cosa pensa delle ricorrenti accuse di intromissione nelle questioni italiane da parte della CEI e del Vaticano?
In primo luogo penso che in Italia si fa molta confusione tra la Conferenza Episcopale Italiana ed il Papa. Il Papa, dal Vaticano, si rivolge a tutto il mondo; quindi le sue affermazioni non sono riferite solo alla situazione italiana. I vescovi invece sono cittadini italiani. Questa confusione è tipica dell’Italia, a causa della sovrapposizione geografica; altrove, invece, è più chiaro che il Papa parla rivolto al mondo, come guida spirituale; mentre la voce dei vescovi locali riguarda la situazione nazionale.

Viviamo in una società sempre più multietnica. Si pensa quindi che serva una laicità forte, dove tutte le religioni restino un fatto privato, così che tutti possano convivere. È corretto?
Per far coesistere nello stesso Paese diverse confessioni religiose, una risposta può essere: tutti stanno zitti. Ma non è l’unica! C’è anche la soluzione opposta: che tutti possano parlare; tranne alcuni casi eccezionali di sette che compiono pratiche illegali. Se laicità dello Stato vuol dire oscurare tutte le tendenze religiose, allora non è più laicità ma è uno Stato che diventa religione laica volta a sopprimere tutte le altre.
La laicità vera è quella di uno Stato in cui tutti i cittadini onesti possano esprimersi e quindi anche le religioni.


Questo principio di laicità mi sembra condivisibile ed è quello che in Italia ha ispirato l’8xMille, che non prevede la religione unica.
Esatto. Per devolvere l’8xMille non c’è solo la casella “Chiesa cattolica”, ma anche “Valdesi”, “Ebrei” e via dicendo. Lo Stato così non sposa nessuna delle confessioni esistenti, ma neanche le esclude. È vero che in Italia la Chiesa ha un ruolo maggiore, ma per il semplice fatto che è la confessione maggioritaria; infatti di coloro che scelgono di devolvere l’8xMille, l’89,9% sceglie la Chiesa Cattolica, cos’ come il 90% dei ragazzi sceglie di frequentare i corsi di religione. Insomma, molta gente dà credito alla Chiesa.

La voce dei vescovi, però, dà spesso fastidio nel rapporto Chiesa–Stato.
Anche i vescovi hanno il diritto di esprimere la loro opinione. Che la Chiesa, o le Chiese, possano esprimere la loro opinione fa parte della vera democrazia: non è interferenza politica, è esprimere il proprio punto di vista, poi ognuno lo accoglierà come crede.

La questione dei DICO.
Vale lo stesso principio. Lo Stato italiano può legiferare come vuole, però non può negare a chi non è d’accordo di dichiarare la propria posizione, se no è uno Stato totalitario. In un Stato democratico, invece, tutti hanno diritto ad esprimersi: i Radicali, come pure la Chiesa. Indubbiamente la forte presenza della Chiesa in Italia, anche come assemblea dei vescovi, può portare qualcuno a credere che la laicità dello Stato in Italia sia sottoposta al volere della Chiesa, il che non è assolutamente vero. D’altra parte, però, le prese di posizione dei cattolici e della Chiesa devono sempre essere rispettose del pluralismo culturale. In partenza occorre dire: «Noi la pensiamo così, anche la nostra opinione ha diritto di cittadinanza nell’opinione pubblica. Non vogliamo imporla».
Fatta questa premessa, c’è però qualcosa che non funziona: perché finché il Papa parla della pace a tutti va bene, se invece egli dice che la famiglia è fatta da uomo e donna ed è sancita dal matrimonio allora dà fastidio.. ma scusate! Chi non è del parere del Papa non si sposerà in chiesa, però non si deve negare al Papa – che parla per tutto il mondo – di dire che la famiglia nella concezione cristiana e cattolica è così.


Ci hanno insegnato che essere cristiani vuol dire compiere certe scelte, dare esempio con la propria vita, quindi non è necessario fare proclami, soprattutto in materie di rilevanza politica. Portato all’eccesso, però, questo vorrebbe dire stare zitti. Cosa ne pensa?
Per quale ragione dovremmo nasconderci nelle catacombe? Se abbiamo diritto di esserci, abbiamo anche diritto di parlare. Perché parlare mi chiedi? Vivere da cristiani è prima di tutto questione di vita, certo, ed è difficile. Però a volte siamo chiamati a dare ragione del nostro comportamento. Le nostre opinioni vogliono essere inoltre al servizio della collettività, del bene comune. Per esempio, noi riteniamo che la famiglia sia un bene comune: per la società, non per la Chiesa. Possono dirci che sbagliamo, ma con degli argomenti e non delegittimando il nostro pensiero.

Grazie all’immigrazione, diverse religioni convivono nel nostro Paese. Com’è possibile l’integrazione e qual è il ruolo dei Cristiani? Aiutare chi soffre o portare il messaggio del Vangelo?
Il dialogo tra le religioni è certo arduo, ma non impossibile. L’ecumenismo riguarda le diverse confessioni cristiane: ha i suoi problemi, ma per lo meno la Bibbia, Gesù, sono punti in comune. Nei confronti, invece, di altre religioni come l’Islam o le religioni orientali, noi non possiamo dire «non portiamo loro il Vangelo».
La prima istanza è quella dell’accoglienza e della carità, certo. Però se qualcuno ci domanda «perché lo fate?», noi rispondiamo che il Signore ce l’ha comandato.
Infine, anche annunciare esplicitamente il Vangelo è legittimo, certo senza MAI imporlo, e questo vale anche per loro nei nostri confronti: imporre no, ma annunciarlo, dirlo fa parte della democrazia e di un pluralismo di opinioni.


Parliamo dei giovani. Quali sono secondo lei le sfide del nostro futuro e i rischi?
Per bambini e adolescenti la vita parrocchiale offre il catechismo e la possibilità di stare insieme in oratorio. Per i giovani – dopo la maturità per intenderci –, che sono il nerbo del nostro futuro, il rischio è questo clima acido nei confronti della religione. Se c’è intorno una propaganda antireligiosa, contro ogni convinzione valoriale e contro Dio in particolare, il rischio è quello del qualunquismo: tutto va bene e nulla mi interessa. Quando il Papa continua a pronunciarsi contro il relativismo, non è che voglia imporre una dottrina a tutti: vuole solo dire che non va bene tutto e il contrario di tutto. Se così fosse, allora sarebbe accettabile anche il nazismo!

In effetti è condivisa da molti la seguente opinione: per convivere con le idee più diverse, occorre non far sentire la propria e rispettarle tutte. Così però è assai difficile tentar di capire cos’è giusto e cos’è sbagliato. Come districarsi in questa jungla?
Il criterio è quello del rispetto della persona umana. Pluralismo non va inteso come relativismo assoluto: dobbiamo metterci d’accordo su alcuni elementi di fondo, su alcuni valori. Il relativismo per cui tutto va bene non mi convince e non serve per l’educazione dei giovani. Vediamo in TV scene di gruppi che sequestrano una ragazzina per “divertirsi” tutta la notte. In base a cosa si può dir loro che è sbagliato, se non basandosi su alcuni valori, se non chiedendo il rispetto di quella che è una persona umana?

Ci possono quindi essere elementi condivisibili anche tra credenti e non credenti, un terreno comune?
Bisogna tornare alla Costituzione. A quell’epoca l’Italia era fortemente divisa; comunisti e cattolici erano su posizioni molto diverse. Però su alcune questioni di fondo si sono messi d’accordo e hanno fatto una Costituzione che ci invidia tutto il mondo, dove il valore della persona umana, il valore del lavoro, il valore della famiglia basata sul matrimonio e molte altre cose vennero scritte e condivise da tutti: marxisti, cattolici, liberali. Oggi riusciremmo ancora in un’impresa del genere?
Il pericolo per i giovani oggi è questo clima di falso laicismo, mentre la vera laicità è quella di una Stato che ha dei valori comuni su cui chiede a tutti di confrontarsi. Non bisogna aver paura di dire che gli stranieri che vengono in Italia devono conoscere la Costituzione e rispettarla.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come leggere il fatto che da un lato il 90% dell'8x1000 e degli studenti che scelgono l'ora di religione guardano al modello "Chiesa cattolica" (per non parlare dei privilegi concordatari e anti-evangelici)e dall'altro, a tutti i livelli, i Pastori lamentano la scristianizzazione, l'abbandono delle pratiche religiose, si sentono sotto assedio e assolutamente minoritari, come se i cristiani vivessero nelle catacombe e sottoposti ancora alle persecuzioni ?