venerdì 12 giugno 2009

METTERE KO IL REFERENDUM

Passate le elezioni Amministrative (il ballottaggio per il Comune di Casale Monferrato non ci interessa più: nè con le destre, nè con chi non ha capito che senza un candidato condiviso si sfasciava il centro-sinistra ((anche nel risorgimento il cattolicesimo liberale-democratico sentendosi sconfitto disse: alle elezioni nè con Cavour, nè con Garibaldi)) è ora di pensare al referendum.
Proponiamo una riflessione di Angelo Bertani -giornalista cattolico democratico- per motivare una posizione che va attentamente valutata, considerando che l'obiettivo dichiarato da Segni e Guzzetta è di cambiare l'attuale legge elettorale per farne una con sistema uninominale: un sistema chiaramente tendente al bipartitismo e soffocatore di ogni pluralismo.
"Certo la democrazia non è sempre quella bella festa che vorremmo. Spesso è fatica, incertezza, illusione o delusione. Per qualcuno è stata, ed è, ragione di sacrificio.
Ce ne stiamo accorgendo in questi giorni: la fatica di votare, di scegliere, di spiegare le proprie ragioni, di capire perché tanti altri…
Non è tuttavia una fatica inutile o assurda. La democrazia assume il peso della natura e della storia umana con tutte le sue debolezze e contraddizioni. Non è un’evasione magica o utopistica. È un “camminare attraverso” e anche un “camminare con…”. E non sempre l’ambiente o la compagnia sono come si vorrebbe.
Di più: non sempre noi stessi siamo quel che crediamo di essere; e le nostre ragioni, i nostri progetti sono davvero quel che immaginiamo. Si può sbagliare il giudizio sui fatti, le persone, i progetti. Avvenimenti imprevisti possono sovrapporsi.
Ricordo abbastanza bene le elezioni del ’48 e il clima di allora. Anni dopo cominciai a votare, talvolta cambiando simboli e nomi; eppure più volte, dopo, ho avuto l’impressione di aver sbagliato. Ma su un punto non mi sono mai pentito: votare, partecipare, interessarsi ed esprimere più “consenso per” che “ostilità verso”.
I più difficili di tutti sono stati i referendum. Fin dall’inizio mi hanno dato fastidio, imponendomi di scegliere per o contro qualcosa secondo quesiti mal formulati, strumentali. Di fatto i referendum sono serviti perlopiù a realizzare una “conta” tra gruppi di potere o di opinione utilizzando certi temi sensibili per finalità diverse e non dichiarate. E comunque alle elezioni il cittadino ha almeno un partito e un tempo aveva gli eletti con la “preferenza” ai quali riconoscere coerenza o addebitare infedeltà al mandato ricevuto. Per i referendum neppure quello: domina incontrastata l’eterogenesi dei fini…
Dunque sono andato a votare per le elezioni europee, sperando che il partito e i candidati che ho votato siano limpidi e fedeli agli impegni assunti.
Ma per i referendum?
Credo che si possa votare sì oppure no oppure non votare e ci siano buoni motivi per ciascuna di queste scelte. La legge elettorale vigente infatti è giustamente chiamata porcellum e con il “no” resterebbe confermata e quasi intoccabile; il sistema che nascerebbe dal “sì” non sarebbe molto diverso; creerebbe forse maggioranze più stabili ma istituzioni assai meno rappresentative della totalità dei cittadini. A occhio direi che meglio sarebbe evitare che si raggiunga il quorum non andando a votare e riaffermando in tutti i modi possibili (ma quali?) che nel nostro Paese bisogna rifondare la democrazia. la quale non è assolutamente un pallottoliere per stabilire (salvo errori!) quale confusa aggregazione ha un voto di più, e dunque comanda per cinque o cinquant’anni. La democrazia è la piazza di una città dove tutti sono presenti e portano la loro voce; dove si discute e si spera che prevalgano le idee migliori. Per decidere quali sono migliori non c’è criterio migliore che quello della maggioranza perché gli uomini sono intelligenti e liberi ed hanno pari dignità e quindi è probabile che la maggioranza scelga la cosa migliore. Però bisogna che i cittadini sappiano di che cosa bisogna decidere; siano informati dai media, possano dialogare ed anche cambiare idea. Inoltre su alcuni temi può esserci una maggioranza, su altri un’altra. La delega ai rappresentanti dev’essere molto prudente, controllata, revocabile; e tutti i cittadini devono essere in grado non solo di fare gli arbitri al momento delle elezioni, ma possono partecipare attivamente giorno dopo giorno, esprimersi e condizionare i propri rappresentanti su ogni argomento. Non c’è democrazia accettabile senza una rappresentanza proporzionata (non necessariamente proporzionale). Tutti devono avere voce, anche se la governabilità può essere garantita da procedure e tempi certi. Ma non si può ammettere, nel nome di una governabilità assai più formale che reale, che si crei una dittatura della maggioranza. Né dittatori, né principi, né imperatori.
Nel volgere del tempo (oggi cinque anni sono un secolo!) possono accadere crisi, guerre, rivolgimenti che rendono del tutto obsoleta e falsa la “rappresentanza” maggioritaria, tantopiù se essa nascesse, come potrebbe, già con un premio eccessivo. Si pensi al esempio: se vincesse il “Sì” al referendum, il primo partito, magari col 30 o 35 per cento, si ritroverebbe una comoda maggioranza assoluta alle Camere. Un governo potrebbe prendere decisioni irreversibili avendo dietro a sé, in quel momento e su quel tema, magari soltanto una minoranza di un quarto, o meno, dei cittadini. In contesti simili già molti dittatori si sono lanciati in guerre e follie…
E quanto alla governabilità: che senso ha spaccare il Paese in due (o tre) parti frontalmente contrapposte e ostili? Ne verrebbe coesione sociale, continuità di linea economica e politica? Non vediamo già ogni giorno, in tv e per strada, i frutti perversi di questa logica?
Si dicono queste cose, qui ed ora, non per suggerire di votare in un modo o nell’altro; ma per domandarsi insieme “quale democrazia” costruire. E per scongiurare tutte le forze politiche a riprendere in mano, questa estate o questo autunno, le fila di un dialogo orientato a dare all’Italia una cultura e un’etica dignitose; e un sistema elettorale e istituzionale adeguato, a cominciare dalla effettiva democrazia all’interno di ciascun partito. Il tempo c’è. Per fortuna c’è anche l’Europa che oggi attutisce certi pericoli. Ma il problema e i pericoli esistono davvero.
(di Angelo Bertani - da "Adista - Segni Nuovi n. 63)

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