giovedì 15 novembre 2007

DIECI DOMANDE A... GIORGIO OTTOLENGHI

Giorgio Ottolenghi, in primo piano, con Walter Wolff e Daniele SegreProsegue l'iniziativa relativa alle interviste di alcuni rappresentanti delle comunità religiose casalesi. Dopo quella del Vescovo di Casale, nel luglio scorso, sentiamo la voce della Comunità Ebraica, con un’intervista al Presidente dottor Giorgio Ottolenghi. Così, lasciando ad altri lo stereotipo dello “scontro di civiltà”, vogliamo ribadire che il dialogo tra le culture non solo è possibile, ma è pure stimolante, a patto che si sviluppi nel rispetto reciproco.

Dopo l’aberrazione dell’Olocausto, oggi le comunità ebraiche in Italia sembrano ben integrate. A Casale, in particolare, la vostra comunità – seppur piccola in numero – è assai vivace sul piano culturale. Ma com’è la convivenza con le altre comunità religiose?
Oggi come oggi per la comunità ebraica non ci sono grosse problematiche, bensì pacifica convivenza. Almeno a livello ufficiale molti pregiudizi sono stati superati.

Nella dialettica politica si parla molto di laicità in riferimento al rapporto tra Stato e Chiesa. Cos’è, invece, la laicità nella visione ebraica?
Tenere separati Chiesa e Stato è importante; anche se la Chiesa nel predicare fa il suo lavoro. La comunità ebraica, invece, non ha mai avuto il problema pressante di convertire, perché per gli Ebrei la questione del giudizio finale – non del tutto precisata – non richiede che tu sia ebreo. In altre parole, un non-ebreo che si comporta bene ha la stessa possibilità di “salvarsi”; la differenza è che il popolo ebreo ha alcuni doveri in più da adempiere, in quanto “popolo eletto”.

Immigrazione e sicurezza sono in prima pagina su tutti i giornali. Ma la convivenza è possibile?
La convivenza è possibile sì! Però non si può si può simpatizzare con gli intolleranti e gli integralisti.

Israele e Palestina. Secondo lei un futuro di pace è possibile?
È difficile, ci sono state incomprensioni da ambo le parti. In particolare i Palestinesi hanno sprecato molti aiuti umanitari per comprare delle armi: devono abbandonare l’idea di distruggere Israele, di cancellarlo. Se anziché lavorare in un’industria la distruggi, non danneggi solo l’imprenditore, ma anche te stesso che perdi il lavoro!
Entrambe le parti dovrebbero fare un passo indietro Bisogna rendersi conto che comprare un carro armato costa come fare un albergo: con un albergo, però, ci vivi; col carro armato al massimo uccidi qualcuno.

In conclusione?
Non ci sono soluzioni miracolose, bisogna evitare la guerra, mettersi a lavorare e le cose cambiano. La convivenza è possibile, il lavoro è possibile, ma bisogna cominciare. Se invece rifiuti di vivere con un altro perché è nero, giallo o di un’altra religione allora… Allora si formano delle chiusure e dei ghetti. E non c’è limite al baratro.
Abbiamo la fortuna di un progresso tale da poter vivere una vita comodissima; non cominciamo a bastonarci, se no torniamo ai forconi e alle candele. La differenza si è vista in Italia, un popolo di contadini a inizio ‘900, quando ci imbarcavamo in tutte le guerre. Poi, negli ultimi 60 anni di pace, siamo diventati un Paese ricco.

Ancora una domanda, su un tema diverso. Come vede il futuro della città di Casale? Cosa, in particolare, dovrebbe essere valorizzato?
Casale ha perso molte posizioni rispetto a quello che era decenni fa: abbiamo perso lo snodo ferroviario, la possibilità di essere Provincia e poi molto altro. Abbiamo avuto e in parte abbiamo ancora il cemento, l’industria tipografica, il freddo, ma manca una progettualità forte: il Comune non deve stare seduto.
Sono pessimista nelle previsioni, però posso dire che l’importante è darsi da fare. Prendiamo l’esempio del settore turistico. Senza darci arie, noi della Comunità Ebraica, nel nostro piccolo, cerchiamo di essere attivi. E così siamo noti in tutta Italia (e non solo) su riviste e pubblicazioni!

Nessun commento: