dell'on. MIMMO LUCÀ (cristiano sociali - Partito Democratico)
(da Europa)
La chiusura traumatica della legislatura ripropone il dilemma della politica italiana: uscire da una crisi estenuante o conoscere un’ulteriore involuzione.Il respiro breve di molte forze politiche ha bloccato l’opera risanatrice e riformatrice avviata dal governo Prodi e sta esponendo pericolosamente il paese alle tensioni del disordine globale. La società italiana rischia di essere spinta oltre la soglia d’allarme di un clima di sfiducia che è oggi il suo male più grave.È uno scenario inquietante che mette alla prova, anzitutto, le grandi ambizioni riformiste del Pd. E che ci spinge, io credo, a rinnovare una forte assunzione di responsabilità come cittadini cristiani. Urge guardare oltre le angustie del presente per immettere ragioni di speranza civile nella vita del paese: idee ricostruttive che contrastino – già nella sfida elettorale – la tendenza a cristallizzare la ricerca e bloccare il confronto.Dobbiamo contribuire a promuovere una nuova stagione di fecondità dell’ispirazione cristiana, intesa come talento da condividere nella vita pubblica e nella società.Questo significa rendere riconoscibile ed efficace la visione della persona e della società, la cultura politica, l’insediamento sociale e culturale del cattolicesimo sociale e democratico, per contribuire alla costruzione non solo di un soggetto politico nuovo, ma di un orizzonte più credibile per la democrazia italiana.Abbiamo parlato di un’Italia nuova, più libera, più giusta, più solidale.Qual è il “posto” dei cattolici in questa impresa? Le “provocazioni” ostentate di Giuliano Ferrara sull’aborto e sui temi della vita, quelle più credibili di Savino Pezzotta sulle emergenze della questione sociale e della famiglia, i richiami dello stesso episcopato sui “valori irrinunciabili”, sono altrettante sfide che esigono risposte adeguate: culturali prima ancora che politiche.Raccoglierle seriamente vuol dire costituire finalmente sedi comuni e occasioni adeguate per la ricerca, la discussione, il confronto. Il direttore di Avvenire, dopo il discutibile intervento al Tg1 sull’Udc, propone con grande serietà di avviare un dialogo con il «mondo laico», sulle importanti «questioni della vita e della morte, l’amore, la malattia, il lavoro, l’educazione e la scuola».È questa, da tempo, la proposta dei Cristiano sociali. In tale dialogo, però, non si può chiedere a nessuno di rinunciare alla propria identità e alla propria verità, credente o non credente che sia. Tanto meno lo si può fare in nome del principio di laicità.Laicità, al contrario, è creare le condizioni perché nelle diverse dimensioni dello spazio pubblico sia possibile un dialogo di riconoscimento che fondi la convivenza e permetta una politica buona, anzitutto, perché orientata al bene comune.Questo è tanto più vero per il Pd.Costruire insieme un partito nuovo spinge le diverse tradizioni riformiste oltre il dialogo. Dobbiamo intensificare i percorsi che possono condurre tradizioni cristiane e laiche verso quel reciproco riconoscimento. Solo così il Pd sarà il laboratorio avanzato di una laicità rinnovata. Di fronte a inedite sfide, è compito dei riformisti elaborare una nuova grammatica della convivenza, una cultura politica e un’etica pubblica capaci di stabilire e condividere principi, valori e regole che promuovano concretamente nel paese un tessuto di convivenza civile, legalità, giustizia sociale.Difficile, altrimenti, assicurare nel Pd una coabitazione “feconda” tra Binetti e Pollastrini, Lerner e Fioroni, Follini e Cuperlo. Una tale impresa ha bisogno di luoghi appropriati, opportunità non improvvisate, tempi garantiti: nel partito, nei futuri gruppi parlamentari, nel rapporto con la società, con le istanze scientifiche, culturali, religiose. È questa, secondo me, la condizione per far valere l’apporto di quel riformismo che ha sue radici profonde: nella tradizione cristiano sociale, nel cattolicesimo democratico di matrice popolare, nel solidarismo del volontariato, dell’associazionismo di cittadinanza, del sindacato, delle comunità parrocchiali.Ecco perché, insieme ad altri amici, ho avvertito l’urgenza di collegare tutti coloro che condividono questa esigenza in un’iniziativa culturale di ampio respiro. A partire dell’idea-forza della solidarietà. Essa, per noi, qualifica in modo essenziale una concezione di giustizia che supera la dimensione individuale.Insieme giustizia e solidarietà stanno nelle più autentiche tradizioni riformiste sia cristiano-sociali e cattolico-democratiche sia di sinistra.Proponiamo un riformismo solidale all’altezza delle nuove sfide.Il lavoro comune che proponiamo vuole avere, insieme, un respiro culturale e una forte attenzione formativa.Non basta elaborare buoni contenuti; ancora più urgente è renderli consapevolmente condivisi.L’innovazione non può affermarsi contro i diritti delle persone, delle famiglie, dello spirito pubblico, del bene comune. L’azione solidale, per noi, è il complemento necessario di ogni politica. Solo così il riformismo vincerà le sfide del tempo dell’incertezza: il lavoro flessibile che diventa precarietà senza diritti; l’economia che piega tutto alla sua logica; il ritorno della guerra e il nuovo terrorismo; una questione ambientale di inedita urgenza e gravità, i problemi della famiglia.Sono queste le ragioni che ci hanno spinto in questi giorni ad avanzare una proposta: realizzare un Laboratorio di formazione e di cultura politica, denominato Italia solidarietà. Con alcuni obiettivichiave: elaborare e condividere una nuova cultura politica; favorire la circolazione delle idee nel Pd, nel sindacato, nell’associazionismo, nel paese evitando vecchie logiche correntizie; formare una nuova classe dirigente diffusa. Da questo inizio potranno scaturire in futuro ulteriori sviluppi: un’associazione culturale, una fondazione, altro ancora...In questa direzione rivolgo un appello a tutti coloro che condividono l’ispirazione e i fini di questo progetto, perché si sentano parte di questa impresa e contribuiscano a realizzarla. La posta in gioco è chiara: operare insieme perché nel futuro del Pd ci siano lo spazio adeguato e la possibilità concreta per una convergenza culturale, consapevole e non strumentale, tra le diverse componenti del riformismo cristiano, per garantire una prospettiva di pieno riconoscimento del suo contributo e della sua attualità.
(da Europa)
La chiusura traumatica della legislatura ripropone il dilemma della politica italiana: uscire da una crisi estenuante o conoscere un’ulteriore involuzione.Il respiro breve di molte forze politiche ha bloccato l’opera risanatrice e riformatrice avviata dal governo Prodi e sta esponendo pericolosamente il paese alle tensioni del disordine globale. La società italiana rischia di essere spinta oltre la soglia d’allarme di un clima di sfiducia che è oggi il suo male più grave.È uno scenario inquietante che mette alla prova, anzitutto, le grandi ambizioni riformiste del Pd. E che ci spinge, io credo, a rinnovare una forte assunzione di responsabilità come cittadini cristiani. Urge guardare oltre le angustie del presente per immettere ragioni di speranza civile nella vita del paese: idee ricostruttive che contrastino – già nella sfida elettorale – la tendenza a cristallizzare la ricerca e bloccare il confronto.Dobbiamo contribuire a promuovere una nuova stagione di fecondità dell’ispirazione cristiana, intesa come talento da condividere nella vita pubblica e nella società.Questo significa rendere riconoscibile ed efficace la visione della persona e della società, la cultura politica, l’insediamento sociale e culturale del cattolicesimo sociale e democratico, per contribuire alla costruzione non solo di un soggetto politico nuovo, ma di un orizzonte più credibile per la democrazia italiana.Abbiamo parlato di un’Italia nuova, più libera, più giusta, più solidale.Qual è il “posto” dei cattolici in questa impresa? Le “provocazioni” ostentate di Giuliano Ferrara sull’aborto e sui temi della vita, quelle più credibili di Savino Pezzotta sulle emergenze della questione sociale e della famiglia, i richiami dello stesso episcopato sui “valori irrinunciabili”, sono altrettante sfide che esigono risposte adeguate: culturali prima ancora che politiche.Raccoglierle seriamente vuol dire costituire finalmente sedi comuni e occasioni adeguate per la ricerca, la discussione, il confronto. Il direttore di Avvenire, dopo il discutibile intervento al Tg1 sull’Udc, propone con grande serietà di avviare un dialogo con il «mondo laico», sulle importanti «questioni della vita e della morte, l’amore, la malattia, il lavoro, l’educazione e la scuola».È questa, da tempo, la proposta dei Cristiano sociali. In tale dialogo, però, non si può chiedere a nessuno di rinunciare alla propria identità e alla propria verità, credente o non credente che sia. Tanto meno lo si può fare in nome del principio di laicità.Laicità, al contrario, è creare le condizioni perché nelle diverse dimensioni dello spazio pubblico sia possibile un dialogo di riconoscimento che fondi la convivenza e permetta una politica buona, anzitutto, perché orientata al bene comune.Questo è tanto più vero per il Pd.Costruire insieme un partito nuovo spinge le diverse tradizioni riformiste oltre il dialogo. Dobbiamo intensificare i percorsi che possono condurre tradizioni cristiane e laiche verso quel reciproco riconoscimento. Solo così il Pd sarà il laboratorio avanzato di una laicità rinnovata. Di fronte a inedite sfide, è compito dei riformisti elaborare una nuova grammatica della convivenza, una cultura politica e un’etica pubblica capaci di stabilire e condividere principi, valori e regole che promuovano concretamente nel paese un tessuto di convivenza civile, legalità, giustizia sociale.Difficile, altrimenti, assicurare nel Pd una coabitazione “feconda” tra Binetti e Pollastrini, Lerner e Fioroni, Follini e Cuperlo. Una tale impresa ha bisogno di luoghi appropriati, opportunità non improvvisate, tempi garantiti: nel partito, nei futuri gruppi parlamentari, nel rapporto con la società, con le istanze scientifiche, culturali, religiose. È questa, secondo me, la condizione per far valere l’apporto di quel riformismo che ha sue radici profonde: nella tradizione cristiano sociale, nel cattolicesimo democratico di matrice popolare, nel solidarismo del volontariato, dell’associazionismo di cittadinanza, del sindacato, delle comunità parrocchiali.Ecco perché, insieme ad altri amici, ho avvertito l’urgenza di collegare tutti coloro che condividono questa esigenza in un’iniziativa culturale di ampio respiro. A partire dell’idea-forza della solidarietà. Essa, per noi, qualifica in modo essenziale una concezione di giustizia che supera la dimensione individuale.Insieme giustizia e solidarietà stanno nelle più autentiche tradizioni riformiste sia cristiano-sociali e cattolico-democratiche sia di sinistra.Proponiamo un riformismo solidale all’altezza delle nuove sfide.Il lavoro comune che proponiamo vuole avere, insieme, un respiro culturale e una forte attenzione formativa.Non basta elaborare buoni contenuti; ancora più urgente è renderli consapevolmente condivisi.L’innovazione non può affermarsi contro i diritti delle persone, delle famiglie, dello spirito pubblico, del bene comune. L’azione solidale, per noi, è il complemento necessario di ogni politica. Solo così il riformismo vincerà le sfide del tempo dell’incertezza: il lavoro flessibile che diventa precarietà senza diritti; l’economia che piega tutto alla sua logica; il ritorno della guerra e il nuovo terrorismo; una questione ambientale di inedita urgenza e gravità, i problemi della famiglia.Sono queste le ragioni che ci hanno spinto in questi giorni ad avanzare una proposta: realizzare un Laboratorio di formazione e di cultura politica, denominato Italia solidarietà. Con alcuni obiettivichiave: elaborare e condividere una nuova cultura politica; favorire la circolazione delle idee nel Pd, nel sindacato, nell’associazionismo, nel paese evitando vecchie logiche correntizie; formare una nuova classe dirigente diffusa. Da questo inizio potranno scaturire in futuro ulteriori sviluppi: un’associazione culturale, una fondazione, altro ancora...In questa direzione rivolgo un appello a tutti coloro che condividono l’ispirazione e i fini di questo progetto, perché si sentano parte di questa impresa e contribuiscano a realizzarla. La posta in gioco è chiara: operare insieme perché nel futuro del Pd ci siano lo spazio adeguato e la possibilità concreta per una convergenza culturale, consapevole e non strumentale, tra le diverse componenti del riformismo cristiano, per garantire una prospettiva di pieno riconoscimento del suo contributo e della sua attualità.
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