mercoledì 13 giugno 2007

Diminuire le spese, non la democrazia

di Carlo Baviera

L'Aula di MontecitorioA parte il recente caso Visco-Speciale (che può ancora causare danni alla Nazione per gli esiti imprevisti e per le strumentalizzazioni legate non tanto al caso in sé ma ai continui tentativi di far saltare il Governo) credo che il tormentone dell’estate 2007 più che la solita canzoncina da spiaggia sia la riduzione dei costi della politica. Tormentone perché un tema estremamente serio viene affrontato con la scimitarra e con lo spirito da “Angelo sterminatore” che sta diventando sempre più il modo normale di fare politica: a una politica tante volte accomodante e insabbiatrice, si contrappone il metodo “uragano” dei referendum, delle inchieste giudiziarie, del «sono tutti marci e continuano a rubare, mentre noi dobbiamo sempre pagare», e via infangando.
Il problema esiste ed è serio, ma non solo per garantire auto blu, gettoni favolosi, organismi inutili; sono la democrazia, la necessità di decentrare, il riconoscere ruolo alle autonomie locali che comportano anche dei costi. A meno che non si pensi a soluzioni bonapartiste o autoritarie (forse è vero che gli italiani sono davvero propensi a sottostare a una dittatura che li incanali e rassicuri!) dove non ci siano comitati di protesta, ma neanche partecipazione democratica e responsabile, dove non si riconosca alla società civile di organizzarsi, dove i partiti (strumento fondamentale per il confronto e la proposta politica) tornino ad essere comitati elettorali per reggere la coda al notabile o al gruppo di potere di turno.
Certo, la democrazia non va imballata da troppi comitati, enti, meccanismi che ritardano le decisioni. C’è bisogno di snellezza ed essenzialità: ma bisogna cominciare da chi accumula più incarichi (e prebende!), e non togliendo la scorta a chi è minacciato o riducendo il compenso dei Dirigenti (se li vogliamo preparati e all’altezza del compito vanno retribuiti come nel privato) e le spese di rappresentanza necessarie per tenere rapporti.
Sì, diminuiamo i ministri, i sottosegretari, i parlamentari e i consiglieri ai vari livelli, diminuiamo i gettoni, ecc. ma non pensiamo che così si sia risolto il problema. Il cancro è altrove: in chi siede nei Consigli delle Banche e delle Fondazioni, in chi fa consulenze vendendo fumo e parole, in chi sta in Amministrazioni di Enti semi-privatizzati e decide il bello e il cattivo tempo per i cittadini, in centri studi di ogni genere, ecc.
E ai livelli locali, possiamo anche togliere agli Amministratori i telefonini, gli uffici stampa, e quant’altro ritenuto uno spreco, ma il risultato sarà il recupero di poche migliaia di euro e una amministrazione che dovrà comportarsi come se avesse le pezze al culo.
Ciò che serve sono più etica e moralità nell’uso del potere e nella gestione della cosa pubblica: essere dignitosi, essenziali, rigorosi e non emuli dei “rampanti” degli anni ’80. Va però garantito a chi si impegna e ha incarichi pubblici di poterlo fare senza perderci, potendo usare gli strumenti necessari. Quando i nostri sindaci rinunciano al gettone, quando i consiglieri il loro gettone lo usano per pagare le imposte e per sostenere qualche attività politica di partito credo che non possiamo chiedergli anche di passare per i ladri della finanza pubblica.
Altro discorso per i finanziamenti pubblici a partiti e loro giornali: chi non è d’accordo ad abolirli? Per quel che servono o per il numero di lettori di qualche giornale sarebbe un bel risparmio.
E poi, la politica chi la fa? I ceti che dispongono di grandi risorse? Alcuni industriali o direttori di quotidiani? O tornando a dare spazio alla corruzione e alle tangenti? Ma non vediamo le operazioni bancarie, assicurative, e non leggiamo di come “poteri occulti” si contendano partecipazioni ad appalti? È lì che bisogna incidere; però è più facile prendersela con la politica, uno dei tre sport preferiti dagli italiani, insieme al calcio e al s….

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