mercoledì 27 febbraio 2008

Il lavoro è per l'uomo

da AVVENIRE

Un seminario dell’ufficio nazionale Cei per i problemi sociali fa il punto sull’emergenza morti bianche Il vescovo di Ivrea: «È un problema che coinvolge anche la comunità ecclesiale» La sicurezza sul lavoro è un tema che non interessa solo imprenditori e sindacati.Deve stare a cuore anche a chi difende la vita in tutte le sue fasi. A cominciare naturalmente dalla comunità ecclesiale. Lo ha ricordato ieri il vescovo di Ivrea, monsignor Arrigo Miglio, ricordando come questo sia «il tipico esempio di un problema etico, la difesa della vita appunto, che si apre a una questione sociale». Il presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace è intervenuto, infatti, al seminario Tutela della vita e sicurezza nel lavoro,organizzato dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei e svoltosi a Roma. «La difesa della vita – ha spiegato – oltre ad avere una radice etica, ha anche conseguenze sociali positive», specie quando, come nel caso degli incidenti sul lavoro, attraverso un’adeguata prevenzione può servire a salvare dalla morte e anche a tagliare «i costi che la mancata sicurezza, alla fine, comporta». Per questo monsignor Miglio ha chiesto «maggiore sinergia tra quanti s’impegnano per la sua difesa, dagli uffici di curia ai centri di aiuto alla vita, dalle associazioni ai movimenti d’impegno sociale». A indurre l’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro a organizzare il seminario vi sono sicuramente i tanti incidenti sul lavoro, che hanno cadenza giornaliera (e particolare risonanza ha avuto nei mesi scorsi la morte di sette operai della Thyssenkrupp di Torino).Ma questo appuntamento nazionale, come ha sottolineato monsignor Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio Cei, «vuole andare oltre l’emotività e mettere in moto un percorso che coinvolga tutte le diocesi italiane». Si comincerà con l’organizzazione in una decina di città di incontri analoghi. E si continuerà con una sensibilizzazione diffusa sul territorio, mettendo insieme imprenditori, sindacati, lavoratori, ispettori e operatori sanitari.«Vorremmo soprattutto – ha insistito monsignor Tarchi – che cresca una consapevolezza: investire nella sicurezza del lavoro ha un ritorno economico. Spendendo 1,14 miliardi di euro, cioè lo 0,08 del Pil, si risparmierebbero costi sociali per 10 miliardi, cioè lo 0,68 per cento del Pil».Nel corso del seminario di studi, infatti, è emersa soprattutto la preoccupazione degli esperti (è intervenuto, tra gli altri, anche Giovanni Guerisoli dell’Inail) in merito alla mancata riduzione delle morti bianche nel nostro Paese.«Negli anni ’60 – ha ricordato Claudio Gessi della Cisl – c’erano circa 5000 incidenti mortali all’anno. Oggi siamo intorno ai 1400 morti all’anno. Ma questo livello si mantiene stabile più o meno dalla metà degli anni ’80. Mentre altri Paesi europei sono riusciti a migliorare, da noi questa soglia non viene intaccata». È urgente fare qualcosa di concreto. E la Chiesa italiana vuole dare il proprio contributo. Monsignor Miglio ha ricordando come più volte i presidenti della Cei, ora il cardinale Angelo Bagnasco e il suo predecessore, cardinale Camillo Ruini, abbiano «toccato questo problema». Monsignor Tarchi ha concluso: «Vogliamo essere vicini a tutte le famiglie colpite da incidenti sul lavoro. E molti sacerdoti, molti gruppi, molte comunità già lo sono nella loro quotidiana cura pastorale». Il presidente della Commissione episcopale: occorre più sinergia tra tutte le forze e maggiore prevenzione.

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