sabato 10 marzo 2007

Giovani: oggetto di consumo o soggetto di partecipazione?

di Stefano Musso

L'analisi del mondo giovanile è uno dei temi preferiti dai sociologi. Per questo un grande istituto di ricerca, la Iaro, realizza ogni quattro anni un’indagine proprio su questo tema per tratteggiare certe tendenze delle nuove generazioni. In essa si parla di "proiezione nel presente" dovuta a un mondo incerto e a un futuro sempre più difficile da prevedere; si parla di "caduta dei modelli di riferimento" a causa del relativismo dei valori, e poi ancora di "rinuncia all'assunzione di responsabilità". Gli studiosi osservano inoltre che negli anni '70 il distacco tra genitori e figli era basato sul contrasto e sulla volontà di fondare un mondo "nuovo", cioè si negava il passato per differenziarsi rispetto ad esso. Oggi, invece, il passato è come se non esistesse più, per una vita collocata necessariamente al presente e spesso spaventata dal futuro.
Questi sono dati proposti da chi, adulto, studia il mondo giovanile e ognuno di noi può riflettersi più o meno in qualche aspetto. È però nostra esperienza diretta il fatto che siamo la generazione dei loghi: ogni anno un marchio, ogni ricordo un prodotto. Distratti da mode, prodotti e slogan, come soldatini felici, a cui non manca nulla, potrebbe esserci sembrato che la vita funzionasse così: io faccio quello che devo, composto ed educato, tu mi dai quello che mi spetta; come alla cassa di un supermercato: prendo, pago e porto via. Facile!
Ma se poi non vi trovo un significato? In realtà la mancanza di senso, la sensazione di sentirsi senza protezione in una realtà in cui mancano punti di riferimento o addirittura il sentirsi vittima di un sistema sono esperienze comuni ad adolescenti e giovani di ogni tempo. Tuttavia sui fenomeni sopra descritti incide oggi un meccanismo che merita particolare attenzione ed è l'influenza che i mass media hanno sulla formazione dei giovani.
È sbagliato demonizzare i media, è sbagliato demonizzare la televisione; però bisogna diventare consapevoli del tipo di comunicazione che questi mezzi diffondono. Una comunicazione in cui chi ascolta non è soggetto di dialogo ma oggetto da persuadere, è "target" per dirla coi termini del marketing: la pubblicità serve a convincere per comprare. L'argomento meriterebbe maggior approfondimento, ci limitiamo però a sottolineare ancora una volta che l'importante è essere consapevoli di questi fenomeni e avere un atteggiamento critico. Altrimenti si ha l'imposizione di stili di vita e la trasformazione delle persone in marionette buone solo per fare acquisti.
Quelli visti sono gli aspetti negativi della nostra generazione: vediamo gli altri. Oltre alla cultura mass-mediatica si è formata una sempre più matura cultura giovanile legata al mondo dell’associazionismo. L'idea di educare alla libertà, di insegnare a scegliere con la propria testa, il desiderio di partecipare e di essere soggetti sono valori fatti proprio da un mondo del volontariato che ha oggi una fioritura senza precedenti, sotto differenti forme, fedi e culture. Anche il messaggio del Papa si fa sempre più forte nel sostenere una cultura della speranza proprio per i giovani: ne sono una splendida testimonianza per esempio le Giornate Mondiali Giovanili. Come operano e perché operano queste realtà del volontariato cercheremo di capirlo coi nostri ospiti.
Proviamo quindi a far nostro il pensiero di Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica, che nel "Messaggio agli italiani" del 1983 scriveva: «Hanno diritto i giovani di guardare con tranquillità al loro domani. Hanno diritto a volere la pace e la libertà. Vogliamo che essi siano degli uomini liberi, in piedi, a fronte alta, padroni del loro destino e non dei servitori in ginocchio».

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